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sabato 17 febbraio 2018

Una sola parola, meravigliosa come te: papà


Eri bello papà. Bello e puro ai nostri occhi. Eri il sorriso del mattino, la canzone del pomeriggio, la coccola della sera. Il bacio della buonanotte. Ti amavo papà e ti amo ancora e di più. 

Solo un po’ di leggerezza poteva placare la sensazione di soffocamento che le provocava il dolore della perdita. La perdita di un uomo che l’aveva cresciuta, amata.  Lei non riusciva ancora a credere che suo padre aveva chiuso gli occhi per sempre. Nonostante l’ambulanza, l’ospedale, il marmo e poi la bara. Lui era un uomo forte, deciso, un combattente. Proprio come lo era stato suo padre, ma senza armi, con le parole, con la giustizia. Quella giustizia in cui credeva fiero.
Nino aveva solo due anni quando gli tolsero la gioia di un padre. Eppure lui seppe essere padre. Con alle spalle dei fratelli da crescere, il peso di un padre morto in guerra, a Gondar, in Africa, ai tempi del fascismo. Di Gaetano, suo nonno, restava solo un feretro sepolto vicino al mare, a Palermo, sua città natale, che aveva lasciato a soli 33 anni per partire sotto le armi. Per dare da mangiare alla sua famiglia: una moglie e quattro figli. Non aveva scelta. Non ha avuto scelta. Alla famiglia la consegna di un attestato di merito con la firma di Benito Mussolini. Un foglio di carta che è stato rubato alla nipote in una redazione. Un atto orrendo. Per lei, con questo gesto, il nonno era stato ucciso una seconda volta. Non lo aveva potuto conoscere. Di lui sapeva poco, attraverso il ricordo sbiadito di suo padre. Sapeva che aveva una voce da tenore, che amava la lirica e il teatro Massimo, proprio come il suo papà, che aveva ereditato da lui una voce meravigliosa. Ma i tempi, i soldi, il dovere gli avevano impedito di coltivare questa passione per il canto. Per lui si aprirono invece le porte del collegio e qualche esibizione canora per allietare la permanenza in quelle stanze dei compagni con le sue note.


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